1. |
Pesci da guardia
02:55
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2. |
Le ore d'estate
02:22
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Respiro l’estate che torna dai campi la sera
Sotto sciami sudati ricerco il mio tempo bambino
Primavera del destino che non ci ritorna mai per intero
Nei sogni appoggiati dall’afa sul letto
Occhi a scoprire altri occhi ma le mani impaurite
E l’autunno troppo presto scende a firmare il ricordo
E se non sono mai partito è perché credevo
Che questo sogno durasse in eterno
Strade diventano strade se il loro cammino si incrocia col nostro
Angoli persi nell’ombra che ancora risuonano un nostro delirio
E treni a spazzare distanze dialetti e bottiglie di marche mai viste
Inseguo i ricordi dei grilli che stanno al silenzio come al cielo le stelle
Sulla riva del fiume che ha visto strapparci le toppe dal fondo del cuore
Finchè l’alba stupita ci chiama al dovere di tornare nel letto a sognare
E gli anni che si danno il cambio
Ricordano che niente è in eterno
Nei cassetti ammucchiate restano le ore d'estate
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3. |
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Il cielo spoglio dall'indecisione/ avvolge il treno confondendosi al mare/ finché il Ponte della Libertà/ non rimorchierà il vascello/ nella pancia del pesce
I pali dall'acqua salutano/ abbracciati contro uno sfondo blu acciaio/ sul Ponte dei Scalzi si levan le scarpe/ gli addii e gli incontri prima/ di sparire in canale
Ma in punta di piedi riaffiorano/ se gli anni li richiamano a corte/ se i capelli profumano d'uva/ se dietro un uscio si riesce a sentire/ l'allegria di una festa
Ti ritrovo qui adesso/ e hai la voce di sempre/ la tua voce continua la mia/ e si perde tra calli e campielli/ come i piccioni in cerca del cielo/ tra le altane e i pansé
Il canal della Giudecca ci sorprende/ mentre assorti vagavamo tra i fantasmi/ provando a ricordarne tutti i nomi/ e parole di vecchie canzoni/ riportate dal mare
Il sole pigro che si appoggia alla laguna/ inonda d'oro anche i camini di Marghera/ tutto a Zattere ha il colore della birra/ e la schiuma spruzza anche noi/ quasi ubriachi ormai
Quando il buio si riprende l'orizzonte/ e a Sacca Fisola si accendono i tinelli/ le mani si imbarazzano a sfiorarsi/ e non possiamo che rider di noi/ e finire il bicchiere
Ti ho ritrovata qui adesso/ e hai la voce di sempre/ la tua voce continua la mia/ e si perde tra calli e campielli/ come i piccioni in cerca del cielo/ tra le altane e i pansé
Poi nascosto dal rumore del vagone/ in un abbraccio il più a lungo che potevo/ svuotavo maldestro le tasche dai silenzi/ senza accorgermi di quanto di te/ era ancora impigliato in me
E quando domani/ sarai di nuovo solo una foto/ e la tua eco malinconia/ penserò a questa piccola sera/ come un riflesso che l'onda/ si porta con sé
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4. |
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Sputati qui e adesso, tra asfalto e parquet
dopo quattro lunghi lustri di giochi e nessun premio
si ritirarono senza infamia al tavolo di un bar
per provare senza troppo sforzo a tapparsi gli occhi
Le parole dalle tasche e dai cerchi grigi di fumo
non mancavano, quelle, e si azzuffavano sul legno
spoglie esangui e stropicciate di intuizioni in allarme
di un disegno così ingenuo da non poter non esser vero.
E da fuori il tonfo assente delle bombe di nascosto
il silenzio crivellato dagli sguardi vuoti degli astanti
Quante cravatte ignorate a demolire le pietre d'angolo
ostentare sorrisi alla cassa reclamando il resto
Le parole rotolavano e se ne perdeva un po’ la forma
o era l’aria che mancava o un orecchio ad aspettarle
sputato lì per terra aspettando di tornare in grembo
dopo quattro lustri anche un sasso si porrebbe una domanda
Essere nulla o essere uno non è un sistema binario
è l'oceano che separa il pensiero dalle mani
è la sentenza finale, ciclopico fardello, assunto
o solo il proprio mestiere.
E da fuori le macerie delle case popolari in costruzione
la distanza di un profumo colmata in megabytes
i teatri per la strada e i comodi loggioni catodici
chi ha ancora voce parli e chi ha orecchie se può ascolti.
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5. |
Stracci in mare
03:42
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Il mare ci porta
il mare ci appoggia
il mare ci mostra
la vertigine
L'orizzonte è alto
per fingere agli occhi
che la terra ci abbracci
ma in fondo c'è solo il mare
Il mare ci porta
il mare ci annega
il mare ci leva
il peso dei piedi
Il mare ci libera
piegati dalla polvere
ci illude sinuoso
dalla sicurezza di un porto
Ma il viaggio non è il mare
il viaggio imbriglia l'ignoto
nel segmento di un tempo
da dolore a dolore
Ma il tempo non è il mare
il tempo immobile senz'onda
rovesciati a galleggiare
sono stracci
di pelle e sale
tendini e sale
ossa e sale
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Paoloparòn Udine, Italy
Canzoni sbilenche e qualche strumento rudimentale. Dal 1995.
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